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Formato 19,5 x 26
112 pagine con illustrazioni a colori

traduzione dal ceco di Michaela Šebőková Vannini

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Dalla mia collaborazione con Poldi Libri Editore è nata la mia traduzione (prima in italiano) del libro per i bambini di Josef Čapek, scrittore ceco (trovate la biografia dell´autore in fondo di questo articolo). Il titolo originale del libro è “Povídání o pejskovi a kočičce”, che si traduce in Racconti sul cagnolino e la gattina”. 

Libro raccoglie dieci storielle su un’insolita e simpatica coppia formata da un cagnolino e una gattina. I protagonisti vivono insieme in usa casetta ai margini del bosco, vogliono fare tutto come lo fanno le persone grandi e combinano tanti pasticci. Nello stesso tempo, tramite le voci dei protagonisti che descrivono le loro gioie e difficoltà di ogni giorno, viene spiegato ai bambini - con tatto e gentile umorismo – come bisognerebbe comportarsi. 

Queste storielle sono state scritte intorno al 1929 e pubblicate (in forma di libro) per la prima volta nel 1954. Da allora fino al 2009 solo nel  paese d’origine, Repubblica Ceca, ne sono state stampate 950.000 copie per un totale di 17 edizioni. In parallelo sono andate avanti le stampe in lingua slovacca. Questo successo enorme ha fatto diventare “Povídání o pejskovi a kočičce” il libro con più ristampe in 60 anni di casa editrice Albatros, assicurando praticamente una copia per ogni famiglia in un paese di 10 milioni di abitanti. In ex Cecoslovacchia non esiste un bambino né un adulto che non conosca il libro, i suoi protagonisti e le loro marachelle, in modo paragonabile alla diffusione delle avventure di  Pinocchio in Italia. 

E’ un libro perfetto di “buona notte”, mai pubblicato in italiano, indicato per una fascia d’età da 4 a 7 anni circa. Scoprirete una narrativa diversa, senza tempo, indicata sì  ai bambini, ma anche ai loro genitori, curiosi e sempre più aperti verso le suggestioni estere.  Racconti “di una volta”, dove non compaiono la violenza, le armi, esseri fantastici né eroi imbattibili. Racconti sul quotidiano, che spiegano al bambino e ricordano al genitore quanto possa essere bella e divertente anche una vita semplice. 

Il libro tradotto in italiano riporterà le illustrazioni originali, di linee semplici e chiare, fatte dall’autore stesso. Era la volontà di casa editrice Poldi Libri di mantenere anche la copertina originale.

Il libro contiente questi racconti:

Come il cagnolino e la gattina si pulirono il pavimento     leggi il racconto

Come il cagnolino si strappò i calzoni

Che cosa accadde per il Natale

Come il cagnolino e la gattina scrissero la lettera alle bambine di Nymburk

Su un'altezzosa camicia da notte

Come il cagnolino e la gattina fecero la torta per la festa

Sui bambini di Domažlice

Come trovarono la bambola che piangeva sommessamente

Come fecero il teatro e che cosa successe per san Nicola

Come festeggiarono la Festa dell'Indipendenza

JOSEF  ČAPEK

(Hronov 1887 - Bergen-Belsen 1945)

Nato in una famiglia colta, Josef Čapek deve all’ambiente familiare molti degli stimoli di cui beneficiò la sua vita artistica e intellettuale da adulto. Il padre era membro di un circolo teatrale e letterario, mentre la madre si dedicava alla raccolta di racconti e canzoni popolari. Josef fu un intellettuale versatile e completo che si fece conoscere principalmente come pittore e illustratore, ma fu dedito anche alla scrittura e al giornalismo.

Visti i cattivi risultati alla scuola di tessitura viene destinato al lavoro in fabbrica e poi (nel 1904) allo studio presso la Scuola di Arti Applicate di Praga. Nel 1907 anche la famiglia si trasferisce a Praga e Josef comincia a scrivere assieme al fratello Karel. Nascono in quegli anni i loro racconti giovanili Krakonošova zahrada [Il giardino di Krakonoš] e Zářivé hlubiny [Abissi splendenti] oltre alla pièce Lásky hra osudná [Un fatal gioco d'amore], tutti influenzati dall’art nouveau (ma in Abissi splendenti Josef sperimenta in alcuni racconti i principi del cubismo).

Dopo il diploma in grafica e pittura Čapek si recò per il canonico periodo di studi in una Parigi che in quegli anni (1910-11) ferveva di una vita culturale di rara intensità. Tornato a Praga entrò a far parte di uno dei primi gruppi dell’avanguardia ceca, Skupina vytvárných umělců [Gruppo degli artisti figurativi] che già negli anni ’10 si orientava verso la pittura cubista e che annoverava nelle sue file elementi di spicco come Emil Filla, Bohumil Kubišta e Josef Gočár. Il gruppo non ebbe vita serena e i disaccordi personali portarono Čapek a proseguire la propria ricerca in altri due gruppi: prima entrò nel gruppo Mánes (associazione di artisti cechi che prende il nome da una famiglia di noti pittori dell ’800) ma successivamente fu espulso; nel periodo che seguì scrive la sua prima raccolta (espressionista) di racconti, Lelio, in cui si riflettono la sua condizione di isolamento e l’atmosfera della guerra. Dopo il conflitto fonda assieme ai pittori Špála e Zrzavý la Skupina Tvrdošíjných [Gruppo dei testardi]. Fin dall’inizio degli anni ’10 si era dedicato anche alla pubblicistica, dapprima collaborando, anche come redattore, con le riviste dei gruppi di avanguardia di cui faceva parte, e poi scrivendo su importanti quotidiani cecoslovacchi. Inizialmente scrisse per Národní listy [I fogli nazionali], poi per il più filo-masarykiano Lidové noviny [Le notizie del popolo] con cui collaborò dal 1921 ininterrottamente fino alla sua deportazione in campo di concentramento.

Nel 1923 pubblica la seconda raccolta di racconti Pro delfina [Ad uso del delfino], nella quale l‘atmosfera è più distesa e il rapporto con il mondo non è più così conflittuale.

Negli anni ‘20 ritorna anche al teatro da solo e con il fratello Karel, il noto scrittore (scrive con lui diverse pièces e inventa per lui la parola robot, utilizzata nel dramma R.U.R. Il neologismo deriva dalla parola robota, il lavoro coatto che nel sistema feudale i servi della gleba dovevano prestare nelle proprietà degli aristocratici).

Gli anni ’20 vedono anche la pubblicazione della opera letteraria più importante di Čapek: i racconti Stín kapradiny [ombra della felce], una sorta di racconto-ballata sulle disavventure di due bracconieri che si sporcano le mani di sangue uccidendo un guardaboschi. Da lì una fuga verso un miraggio di salvezza nel disperato tentativo di sfuggire a un castigo che con il passare delle pagine sembrerà sempre più inevitabile. È una storia di «delitto e castigo», dove i motivi tratti dalle ballate popolari e la riflessione filosofica sui destini degli uomini rivestono un ruolo di grande rilievo. Per questa opera Čapek riceve il premio di stato per la letteratura.

Del resto la ballata non era l’unico aspetto dell’arte popolare che lo appassionava e in quegli anni cominciò a utilizzare molti motivi del folclore ceco anche nelle sue opere pittoriche.

Negli anni ’20 un altro evento gli offrì nuovi spunti: dopo la nascita della figlia Alenka (1923) Čapek inizia a scrivere i racconti per bambini, vengono pubblicati sui quotidiani. Nel 1929 raccolse alcuni di questi e li riunì in un libro dedicato alla figlia: nacquero così               I racconti sul cagnolino e la gattina, un libro che sarebbe in breve diventato popolarissimo e che sarebbe stato letto da generazioni di bambini cecoslovacchi. Oggi questo libro sembra di portarci un messaggio più attuale che mai: quando i termini “cane” e “gatto” messi insieme sono la personificazione dell’impossibilità di una convivenza pacifica, il cagnolino e la gattina non solo hanno dei buoni rapporti, ma vivono addirittura insieme in una casetta e organizzano le loro attività in comune accordo. La coppia nel libro è vista anche con uno sguardo lievemente ironico, dove la gattina-femmina ha sempre ragione e sempre l’ultima parola, mentre il cagnolino – maschio è meglio informato sulle questioni politiche. Alcuni racconti vedono questi protagonisti inventanti interagire con le persone vere: non solo con gli amici di Alenka, figlia di Čapek, ma anche con l’autore stesso (nel ruolo dell’autore) e viene coinvolto anche il caporedattore di Lidové noviny K.Z. Klíma, allora capo di Čapek.

La paternità portò un nuovo e inatteso tipo di espressività nelle sue opere: gli anni ’20 furono probabilmente gli anni più belli di Čapek da punto di vista umano e artistico. Si risvegliò appieno il lui già l’innata capacità di vedere il mondo tramite gli occhi di un bambino, adorava i bambini, li rispettava e ammirava le qualità che sono proprie solo alla tenera età: “nell’infanzia tutto è così originale e stupendo, l’infanzia è il momento quando il mondo viene conosciuto per la prima volta”. La sua capacità di rimanere “un grande bambino” lo aiutava nella vita e lo accompagnò fino agli ultimi giorni. Dopo la nascita di figlia Alenka nacquero tantissimi pastelli e disegni che divennero illustrazioni dei libri d’infanzia di scrittori cechi quali František Hrubín per Modré z Nebe [Azzurro cielo] e Jan Skácel per Kam odešly laně [Dove andarono i cervi], illustrò anche i libri d’infanzia di K.Poláček, P.Sula, V.Řezáč, K.Graham, e naturalmente il libro Devatero pohádek [Nove fiabe] di suo fratello Karel. All´epoca questo lavoro di pittura per l’infanzia di Čapek era visto come assai umiliante e inadeguato per un uomo, come anche la scrittura per i bambini. Il suo fratello Karel gli prendeva parte, sostenendo che non è vergogna scrivere per i bambini, è vergogna se si scrive male per loro.  L’interesse di Čapek verso il disegno per l’infanzia era direttamente collegato allo studio dell’arte primitiva (o naif), detto con i titoli di due dei suoi libri ‘l’arte dei popoli naturali’ e ‘l’arte più umile’. Josef Čapek faceva parte di quella generazione di pittori europei moderni che avevano insegnato all’umanità a capire e ad apprezzare la particolare bellezza e l’esteticità di queste opere fatte dalle persone che erano dei veri artisti nonostante l’arte non l’avessero mai studiata (riferendosi p.e. alle maschere di Oceania o alle statuine africane).

L’atmosfera serena dei suoi libri e dei suoi quadri a cavallo degli anni ’20 e ’30 lascia progressivamente spazio a un’atmosfera più cupa e meditativa, l’inclinazione alla speculazione filosofica è evidente nelle successive opere letterarie e pittoriche. Nascono i tre libri del “vero” Čapek, uomo e scrittore ormai maturo: Kulhavý poutník [Il pellegrino zoppo], testo legato al motivo del pellegrinaggio e del viaggio (motivo molto importante nella letteratura ceca, basti pensare al Labirinto del mondo di Comenio) che riprende anche le esperienze di vita dell’autore stesso; le proprie esperienze artistiche si ritrovano in Umění přírodních národů [L'arte dei popoli naturali], uno studio sull'arte dei popoli di Africa, America e Oceania, e la raccolta di aforismi scritti tra il ‘36 e il ’39 Psáno do mraků [Scritto alle nuvole].

Arrestato dalla Gestapo il 1 settembre 1939 per la sua attività giornalistica antinazista, scrive la sua ultima opera in campo di concentramento: una serie di poesie riunite dal poeta Vladimír Holan dopo la guerra (1946) nella raccolta Básně z koncentračního tábora [Poesie dal campo di concentramento]. Il tema centrale è la libertà, se non fisica almeno spirituale.

Si voglia ricordare anche il lato molto umano di questo artista: era un perfezionista severo con gli altri, ma soprattutto con se stesso. Viveva il proprio destino dell’artista con un raro senso di responsabilità e serietà. Si scontrava dolorosamente con i propri limiti creativi e soffriva la sensazione di essere in qualche modo non benvoluto nella cultura ceca o solo accettato sui margini. Ancora dal campo di concentramento aveva fatto pervenire alla moglie una direttiva molto precisa riguardo ai quadri che lui riteneva non fossero finiti o adeguati – aveva chiesto che questi fossero distrutti.

Josef Čapek muore in campo di concentramento di Bergen-Belsen nell’aprile del 1945, probabilmente a causa di un’epidemia di tifo. La sua opera pittorica è una tra le più originali dell’avanguardia ceca della prima metà del ’900 e la sua attività di scrittore, spesso messa in ombra dalla sua stessa opera pittorica e dall’opera letteraria del fratello, resta imprescindibile. Čapek è un autore a suo agio sia nella pittura che nella letteratura, se pur avesse considerato se stesso sempre come un pittore, utilizzando altri mestieri o arti (p.e. giornalismo, scrittura o illustrazioni) come soli mezzi di sostentamento, per potersi dedicare al miglioramento della propria espressività pittorica. I suoi tentativi di applicare correnti artistiche e generi letterari anche molto diversi tra loro sono sempre legati ad un’interpretazione molto personale.

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