Michaela Sebokova
L'EXTRA
“Dieci anni fa, quando sono venuta in Italia, ero giovanissima. Dalla questura sono stata subito categorizzata come un’extracomunitaria. Una parola spaventosa. Chiedo scusa ai politici o agli economisti che hanno coniato questo termine, in realtà e per certi usi molto esplicito e preciso. Purtroppo ritengo che non sia stata una scelta linguistica molto felice. La Comunità Europea non è un territorio immutabile nel tempo e nello spazio. Gli extracomunitari di ieri, oggi sono già comunitari. Dichiarare che “il delitto viene attribuito ai delinquenti di origine extracomunitaria” dice poco o nulla, e nello stesso tempo offende profondamente tutta la gente per bene che non ha avuto la fortuna di nascere in un paese diventato comunitario. E’ un extracomunitario anche un americano, un filippino, ma anche uno svizzero. Come mai non si pensa a loro, quando si sente dire l’extracomunitario? Perché si pensa solo ai clandestini, vagabondi, ladri, assassini, prostitute?
Altre parole che iniziano con extra-, sono tutte positive: olio extra-vergine, cioccolato extra-dark. Extra- perciò dovrebbe indicare qualcosa di buono, di superiore, di pregiato. Extra-comunitario dovrebbe essere un sinonimo di un cittadino comunitario che si era distinto per qualche atto eroico, qualche invenzione o una scoperta importante. Invece, l’extra-comunitario è un essere ignoto e misterioso almeno quanto il suo fratellastro di nome, l’extra-terrestre.
Quando ho sentito per la prima volta la parola extracomunitario, non ne capivo bene il significato. Mi sono immaginata l’unica parola con il prefisso “extra-“ che al momento comprendevo e che si riferiva agli esseri viventi: appunto, gli extraterrestri. Quelli sono nati da un’altra parte, non sul pianeta Terra, e - fino alla prova contraria - non può succedere che da un giorno all’altro degli extra-terrestri diventino terrestri.
Ho smesso di sentirmi un “extra” negativo, quando la Slovacchia è entrata a far parte della Comunità. Finalmente non ho dovuto trasalire ogni volta che qualcuno nominava degli extracomunitari, perché una vocina dentro di me ripeteva sempre: “Ma anch’io sono una di quelli. Se questa gente lo sapesse, mi vorrebbe del male? Anche se non ho fatto niente? Anche se sono una brava persona rispettosa delle leggi e delle usanze altrui?”
Ve ne prego, abbiate pietà e smettetela di etichettare gli esseri umani secondo se il loro paese natio attualmente fa parte o meno di un’alleanza politica, economica o finanziaria.”
Finito di leggere il mio piccolo saggio sull’esperienza extracomunitaria, la mia amica senegalese Amina rotea gli occhi, alza le braccia in un esplosione di vitalità e mi sommerge con la sua risata intessuta da un miliardo di perline d’argento. Cerco di mantenere la faccia impassibile mentre attendo il suo commento, ma non è facile. La sua allegria è altamente contagiosa.
“Sai, Jolie (mi chiama sempre Jolie quando le viene la voglia di prendermi bonariamente in giro), ora che ci penso, a parte il fatto di essere un’extracomunitaria, io mi posso aggiudicare anche un altro appellativo “extra”: io sono una ragazza extra-nera!” e la sua risata esplode di nuovo. E ricci dei suoi capelli ballano estasiati in un movimento grazioso che coinvolge non solo la bocca, la testa, ma il corpo intero. Ride il naso, le orecchie, il collo e i piedi, e le sue mani minute come ridono! Una risata dolce, frizzante come una cascata.
“Io sono la ragazza extra-nera, extra-extra nera, come un cioccolato noir, un’extra-comunitaria extra-dolce, extra-extra-nera!” si mette a cantare Amina e ora il suo corpo trasforma il ballo della risata nel ballo del canto. La guardo, la ammiro. La invidio. Per questo suo atteggiamento innato che riesce a trovare sempre un lato positivo nelle cose o almeno non le fa apparire tanto gravi.
All’improvviso i miei piedi si alzano, il tronco comincia a ondeggiare, le mani si muovono sinuose nel ritmo della canzone improvvisata. Non mi posso più trattenere, aggiungo anch’io qualche verso: ”Io sono una ragazza extra-extra bianca, come un cioccolato bianco, un ex extra-comunitaria extra-dolce, un’ ex extra-extra-vergine!” E scoppiamo a ridere entrambi, ci appoggiamo una all’altra per non cadere mentre siamo scosse dalle risate. Finiamo a rotoloni per terra sul piccolo tappeto tessuto a mano, un colorato contributo di mamma di Amina alla nostra camera in affitto.
Amina raccoglie sotto il letto il quaderno con il mio saggio. Cerca una penna e con la sua scrittura curata, tondeggiante, aggiunge un post scriptum: “Gentile Prof, non si preoccupi per la mia amica. Tanto presto non ci saranno più né i comunitari né gli extracomunitari. Ci saranno solo delle persone buone e quelle meno buone. E allora l’extra tornerà ad essere un prefisso di pregio assoluto!”
Leggo le parole scritte da Amina con gli occhi ancora pieni li lacrime di allegria. Mi è chiaro che la Prof potrebbe non approvare un commento aggiunto da un’amica. Ma lo lascio dov’è; chissà, forse alla fine lo apprezzerà. Lei, che porta la taglia extra-large.
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