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Michaela Sebokova

L’EREDITÀ

Quando avevo 17 anni, era uscito un film su come un americano qualsiasi scoprì di essere l’unico erede al trono di Regno Unito. Non riuscivo a togliermelo dalla testa: chissà perché avevo la convinzione che da qualche parte mi spettasse una favolosa eredità. Mi sognavo i lontani cugini proprietari di miniere di diamanti in Africa e i prozii titolari del brevetto su composizione di Coca-cola. Poi cominciai a stressare mia madre con le domande sui parenti in Australia. Quando lei non ne poté più, mi disse: “Perché quando andiamo a trovare la nonna Marilena, non le chiedi del Clinton?”

Aspettai con ansia il sabato seguente. Va be’ che Bill Clinton non era Rockefeller, ma come un vecchio amico non era da buttare. Non ragionai su come mia nonna avrebbe potuto conoscerlo, Bill Clinton. Durante la guerra ci sono stati degli Americani in Garfagnana e per quanto mi riguardava questo era sufficiente.

Quel sabato sera la nonna apparecchiò in taverna. In attesa che la polenta cuocesse aprì una bottiglia di Melograno 2007, un piacevole Syrah di montagna, che insieme a una fetta di pane con le patate ben accompagnò un pezzo di formaggio e un assaggio di biroldo. Il vino nella casa di nonna non mancava di certo: il nonno Enzo veniva da una nota famiglia di viticoltori, ma la tradizione si estinse con la sua morte prematura. Mia mamma andò a stare in città e i vigneti furono abbandonati. La nonna era rimasta l’unica vera intenditrice in famiglia con predilezione per i vini locali e la sua fornitissima cantina ne era il testimone.

La polenta di Formenton Otto File con il coniglio in umido fu onorata da un Pinot Nero 2010, anch’esso prodotto in zona. La nonna me ne versò un dito e chiese il mio parere. Mentre cercavo di decifrarne il carattere complesso e sconosciuto, con i sentori di lamponi e di cuoio (deve avere proprio questo sapore, il cuoio!) vidi la nonna ben disposta e decisi di chiederle di Bill Clinton.

“Ah, del Clinton vuoi sapere? Beh, mi sembra giusto. Allora vieni, accompagnami in cantina.”

Non ci credetti quasi. In cantina? Ci sarà sepolto un segreto oscuro, legato al Clinton?

In cantina la nonna si diresse verso l’angolo più buio. Allungò la mano, prese amorevolmente una bottiglia e me la diede. “Dunque, questo è il Clinton.”

“Come, questo vino? E che centra l’ex presidente?” non capivo nulla.

“E quale presidente mai? Qui c’entra Enzo, il tuo nonno.” La nonna sospirò e si sedette sulla panchina. “Ogni anno andavamo con Enzo nel fiume, a raccogliere il Clinton che ci cresceva come una vite selvatica. I chicchi erano piccoli, scurissimi. Certo ti ricorderai che bocca scura ti veniva, quando la mangiavi!”

Annuii, rapito dai ricordi.

“Anche quel giorno ne avevamo già raccolto un po’. Ci piaceva tanto quell’uva dal carattere ruvido come il nostro!” rise la nonna e continuò: ”Sarebbe diventato un ottimo vino. Poche bottiglie, da offrire per le occasioni speciali. Poi però le cose si misero male.” La nonna si rabbuiò. “Enzo fu attaccato dalle vespe ed ebbe una reazione allergica. Non ci fu più niente da fare.”

Mi guardò, mi strinse la mano. Questa parte del racconto la conoscevo già. La nonna non si era mai del tutto ripresa dalla morte del suo giovane marito.

“Il giorno dopo uno dei miei cugini recuperò il bigoncio con il Clinton raccolto e lo portò a casa. Ne fece tre bottiglie di vino: la prima l’aprimmo al matrimonio di Leda, tua mamma. La seconda al tuo battesimo. E la terza è per te quando compierai la maggior età.“ Le ultime parole le pronunciò sommessamente. Dando via quest’ultima - terza bottiglia le sembrò proprio di dare un addio definitivo anche al suo marito.

Rimasi commosso. Girando la bottiglia, trovai una piccola etichetta scritta a mano: CLINTON, 1987. Abbracciai la nonna per nascondere le lacrime. Avevo appena scoperto la tanto agognata eredità, lasciatami dal mio nonno ben in vista ma mai veduta: la passione per il vino, i vigneti. E la nonna - umile, onesta e intelligente - come maestra.

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